Ho pensato a queste poche righe, come si pensa nella vasca da bagno o nell’ autobus al discorso di ringraziamento per la consegna dell’ oscar alla carriera, ho pensato e ripensato a tutte le persone che ho incontrato, professionalmente parlando, prima di arrivare a questo punto e cioè… al punto di partenza.
aprire uno mio atelier, che mi somiglia in ogni dettaglio, in uno dei posti che preferisco a Genova, spianata Castelletto.
La strada e stata lunga e tortuosa, e le persone da citare sono molte, ma proprio per questo motivo lasciatemi il gusto di perdere tempo.
La prima persona che voglio ringraziare è una donna che non ha un nome, o meglio non me lo ricordo, è banalmente la mia prima insegnante di fotografia, lei mi ha fatto vedere cosè una luce e come usarla per stimolare emozioni.
Avevo dodicianni, una reflex manuale, ma anche un tornio da ceramica, dei colori ad olio, un fidanzatino bellissimo e giocavo in una grande squadra di Hockey su prato, ciao Patrizia!
la seconda persona che devo ringraziare è il capo di una pescheria in Sottoripa che mi licenziò in tronco sotto Natale, questa circostanza fece in modo che potessi iscrivermi ad un corso di fotografia professionale.
Avevo ventanni, un paio di anni di accademia, vivevo sola, con un mare di libri, fumavo un pacchetto di diana blu al giorno ed ero fidanzata con Giuseppe, sviluppavo e stampavo le mie foto e facevo un sacco di scatti alle tazze nei bar e ritratti a tutti i miei amici.
La terza persona che voglio ringraziare ha un nome, Giancarlo Maiocchi, è stato il primo fotografo per cui ho fatto l’ assistente,anzi ancora meno la stagista, ed essere stagiste ai tempi della Lewinsky non è stato facile!!
Sono stata da lui solo quattro mesi e sono passati degli anni, ma rimane sempre il mio modello professionale, la cosa incredibile è che lo sarebbe anche se facessi un’ altro mestiere.
lo ricordo mentre discute con gli art director o mentre raccoglie un granello di polvere sul pavimento perfetto in parquet con un passo di danza, mentre schizza su dei piccoli album i progetti per le foto della mostra covers, perchè le foto nascono nella mente.
Avevo ventunanni, viveva a Milano, dividevo l’ appartamento con una psicologa due estetiste e una cantante lirica, andavo al lavoro in bici, e a far la spesa all’ esselunga dove compravo miniporzioni, il venerdì sera prendevo una sorta di treno del sole per tornare a Genova, il lunedì partivo prima dell’ alba con un’ amico in macchina e vedevamo il sole soregere a tortona.. poi nebbia.. malinconia.. Binasco… tangenziali… poi metro… porta romana..
Giuseppe resisteva a questi spostamenti perchè nei w.e. lo deliziassi con la mia splendida ricetta dei muscoli alla torta grattugiata.
La quarta persona che devo ringraziare è Francesco Majo, un bravissimo fotografo a cui nonostante tutto… devo dir grazie un milione di volte,primo perchè sono generosa e poi perchè da lui ho imparato tutto, a fare le luci con qualsiasi cosa capitasse sotto tiro, specchi, pannelli, una scatola, un foglio, a trattare con redazioni perennemente in ritardo, a cambiare marciapiede per schivare i laboratori che aspettano il saldo fattura ma anche ad usare bene il banco ottico, a giudare a Milano, a fare foto di food, a decidere astrattamente la composizione visiva del cibo nel piatto, ad affezionarsi alle trattorie, a versare l’ acqua prima nel bicchiere di chi ti stà difronte, ad essere generosi, a dare tutto e non pagare mai..
ma anche ad adorare lo sfocato, anche quando è davanti al soggetto a leggere Marta Steward, food illustrated, vogue, ad andare alle inaugurazioni in corso como 10, a cena nelle mense etniche..
lo devo ringraziare perchè mi ha insegnato tanto e voglio dirgli che sono così felice di aver imparto tutto questo per non dover continuare ad avere a che fare con quella stressante tortuosa malsana e soprattutto sua vita milanese.
In più di certi momenti sembravamo marito e moglie, nella valenza peggiore che questo termine possa avere, spesso mi chiedo come sia diventato suo figlio Pablo, che ancora adoro, e se abbia ancora la 500 F che gli ho regalato…
Francesco, il bollo non lo hai mai pagato… rimandami la 500!!!
Avevo ventiseianni lavoravo al cus cus studio, (si scritto proprio così).. studio specializzato in cibo, che meraviglia, rimaneva sempre qualcosa di straordinario da sgranocchiare, ho conosciuto ed amato lo zenzero, i tartufi bianchi, il sushi, l’ alchechengi, ad abbinare le marmellate ai formaggi a truccare il pollo con l’ aerografo e grigliare la bistecca col ferro da calza.
le uniche cose che mi erano rimaste di Genovese erano il fidanzato e il sovrappeso eppure gli ultimi tempi non vedevo l’ ora di tornare anche perchè stavo per sposarmi.
La quinta persona che devo ringraziare, è talmente autorevole che mi qualifica col suo solo nome, Peppino Rotunno, mi ha esaminato mezz’ ora per accedere al corso di direttore della fotografia al centro sperimentale di Roma e con quel solo esame, coi suoi compliemti ed il suo entusiasmo mi ha dato una fiducia che non avrei potuto guadagnare in anni, spesso ripenso alle parole che mi ha detto e ai suoi occhi, e mi commuovo perchè rivivo una delle emozioni professionali più intense, ancora adesso quando lavoro, per immagini racconto una storia, fedele a quello che lui ha visto in me e che mi ha toccato così tanto nel profondo.
Grazie Rotunno.
Avevo ventisetteanni amavo le storie e volevo raccontarle, avevo un marito e una casa a Genova e una mezza camera a Roma, finita l’ esperienza del centro sperimentale avevo il cuore a pezzi.
Roma mi aveva cambiata, di romano non avevo più nulla, tranne l’ amore smisurato per la città, frequentandola mi ero trasformata da caciarona a taciturna, da grassoccia a scheletrica, da allegra a triste e desolata, mi sentivosola e sfortunata, eppure le pizzerie all’ aperto con i chitarristi tra i tavoli, i parchi con le rovine, le terme, i fori, i cornetti di san Francesco, la grattachecca, la chiesa di San Giovanni, i mercati.
La sesta persona che devo ringraziare è Paola Leoni, ha sfiorato la mia vita come una sottile tela di ragno e lievemente mi ha tenuta legata al mestiere di fotografa anche quando non mi interessava più, ogni tanto chiamava, per un matrimonio, un’ evento e lavorando non mi liberavo mai del mio ruolo/mestiere
avevo ventottoanni ed è stato a quest’epoca in cui il mondo intorno a me è cambiato, in cui io sono cambiata, in cui mio figlio è nato e le mie paure sono morte, in cui ho smesso di fumare e di fare tante altre cose, in cui ho imparato a prendermi cura di me e a volermi bene, a mettere noi davanti a tutto, ventottoanni e rinascere, l’ adolescenza finisce, e non c’è un rimpianto.
La setima persona che voglio ringraziare è la più difficile da ringraziare, ma è quella che più di tutte ha contribuito all’ apertura di questo studio, Paolo Capurro, che mi ha contattato per cinque foto di cibo per una brochure, due anni fa.
Le foto sono diventate milioni e la brochure un libro, un sito, un progetto, lo devo ringraziare mille volte per aver creduto in me, ed avermi lasciato così tanta libertà creativa.
Ho trentatreanni, e questo punto di partenza.
Genova 17 Settembre 2008